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Africa
(a cura Redazione "Il sismografo")
(Giulio Albanese) All’origine dell’avidità umana, quella che scarica i costi di un agire irresponsabile sull’ambiente, i più poveri, i deboli, le generazioni future, c’è una crisi etica. È un concetto chiarissimo che si evince a chiare lettere nella recente enciclica di papa Francesco Laudato Si’, autentico capolavoro del bene comune in versione planetaria. La posta in gioco è alta ed è proprio questo il motivo per cui papa Francesco dice no alla privatizzazione delle risorse idriche e delle foreste, condanna fenomeni come il «land grabbing», vale a dire la  «sottrazione» di terre alle popolazioni autoctone, o le attività speculative finanziarie che generano volatilità dei prezzi dei beni di primaria necessità.
Peraltro si tratta delle questioni che sono all’origine del fenomeno dei migranti ecologici. Nell’enciclica si parla anche di «decrescita», nel senso che certi Paesi avanzati devono ridurre la marcia per consentire ad altri di evolvere e crescere nella logica di uno sviluppo davvero sostenibile. L’atteggiamento, dunque, dei Paesi industrializzati e quelli emergenti dovrebbe essere, secondo il papa, alla luce del Vangelo, di aiuto agli altri. A questo proposito sovviene la riflessione di Serge Latouche, economista e filosofo francese di fama mondiale, punto di riferimento per coloro che sognano ardentemente un cambiamento del sistema, con la sua teoria, all’inizio del nuovo millennio, della cosiddetta «società della decrescita». In poche parole: consumare meno per vivere meglio, evitare gli sprechi, riscoprire le belle abitudini del passato. Un’utopia concreta, come la chiama lo studioso, oggi più attuale che mai, perché potrebbe salvarci dalla crisi globale che è sotto gli occhi di tutti. Secondo Latouche, la società capitalistica è votata al suicidio, come dimostrano il crollo delle banche, la distruzione della biosfera o l’emergenza rifiuti. È pertanto urgente «decolonizzare il nostro immaginario» infarcito di valori che l’Occidente ritiene universali, migliori di tutti gli altri. Latouche è davvero un intellettuale che sprigiona buon senso; basta solo guardarlo in faccia quando parla. Il suo slogan: «Vivere con meno è facile, persino divertente» dimostra la perspicacia di un essere pensante che intende farsi portavoce di quello che è stato definito il «consumo virtuoso». Praticamente una catarsi che, a pensarci bene, si richiama fortemente al valore evangelico della sobrietà. Ma è davvero un’utopia? Alcuni anni fa un gruppo di agronomi statunitensi si recò nel nord Uganda per insegnare ad una comunità di etnia Lango alcune tecniche di agricoltura intensiva. Credo si trattasse di cereali. Il responsabile del programma Usa che mi ha raccontato questo aneddoto è un mio caro amico e vive a Washington. Il primo anno, grazie ad una semplice canalizzazione dell’acqua e all’uso di fertilizzanti biologici, i risultati furono incoraggianti: la produzione aumentò del 35%, il secondo anno l’incremento fu ancora più sensibile, ed il terzo anno la produzione venne addirittura raddoppiata. Il capo della comunità Lango ringraziò il mio amico, inviandogli a casa, negli Stati Uniti, una bellissima lettera nella quale, tra l’altro si leggeva: «il vostro aiuto è stato utilissimo e applicheremo la tecnica che abbiamo appreso anche ad altre colture. Così facendo, non avremo bisogno di coltivare la terra tutti gli anni». Scusatemi, ma questo non è uno straordinario esempio di decrescita felice?