AGI
(dell'inviato Salvatore Izzo) "Un vero e proprio discorso d'indirizzo rivolto a tutta la Chiesa in Italia, parlando nel duomo di Firenze al convegno nazionale ecclesiale, il quinto in un quarantennio", commenta il direttore dell'Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian. E certo l'intervento pronunciato da Papa Francesco a 30 anni esatti dal discorso di Giovanni Paolo II a Loreto, quando il Papa polacco chiese ai cattolici di essere piu' presenti nella societa' italiana, e' destinato a restare nella storia del cattolicesimo del nostro Paese con la richiesta esplicita di un cambio di passo al quale sono chiamati insieme i pastori e il popolo che e' loro affidato.
"Che Dio protegga la Chiesa Italiana da ogni surrogato di potere, d'immagine, di denaro. La poverta' evangelica e' creativa, accoglie, sostiene ed e' ricca di speranza", ha invocato Bergoglio con parole molto severe, che segnano il definitivo superamento del ruinismo come modo di vivere la fede in un confronto "politico", il cui apice e' stato 10 anni fa la vittoria dell'astensione al referendum sui figli in provetta, conseguita prima che iniziasse un lento declino, mentre lo storico presidente della Cei lasciava per ragioni di eta' ad uno ad uno i suoi incarichi: nel 2007 la guida dei vescovi italiani, nel 2008 il Vicariato e solo due anni fa anche la presidenza del "Progetto culturale" che infine e' stato soppresso dal successore Angelo Bagnasco.
A favorire questa discesa c'era il segretario di Stato di Benedetto XVI, Tarcisio Bertone, la cui linea oggi e' stata pero' ugualmente bocciata da Bergoglio. Oltre al 'ruinismo', infatti, ha influenzato il cattolicesimo italiano (anche se in misura minore) il 'bertonismo' e cosi' nel suo potente intervento il Papa ha segnalato che le principali tentazioni sono due ("non spaventatevi: non 15 come alla Curia Romana", ha scherzato): oltre "allo gnosticismo che porta a confidare nel ragionamento logico e chiaro, il quale pero' perde la tenerezza della carne del fratello", c'e' infatti anche "il pelagianesimo che ci porta ad avere fiducia nelle strutture, nelle organizzazioni, nelle pianificazioni perfette perche' astratte".
"Non dobbiamo essere ossessionati dal potere, anche quando questo prende il volto di un potere utile e funzionale all'immagine sociale della Chiesa. Se la Chiesa non assume i sentimenti di Gesu', si disorienta, perde il senso", ha avvertito il Papa ammonendo ancora, a scanso di equivoci: "davanti ai mali o ai problemi della Chiesa e' inutile cercare soluzioni in conservatorismi e fondamentalismi, nella restaurazione di condotte e forme superate che neppure culturalmente hanno capacita' di essere significative".
Ma Francesco (che nel discorso in Cattedrale ha citato le figure popolari di Don Camillo e Peppone magistralmente raccontate da Giovannino Guareschi) non si e' limitato alla "pars destruens", da buon gesuita, ha spiegato come ci si debba rapportare nel "dibattito culturale": attenzione, ha avvertito, "dialogare non e' negoziare per ricavare la propria 'fetta' della torta".
"Ai vescovi chiedo di essere pastori, non di piu'", ha chiarito il Papa. E poi, dopo l'entusiasmante bagno di folla allo Stadio Franchi, nell'omelia pronunciata davanti a 50 mila fiorentini che gremivano gli spalti ed anche il campo da gioco, ha aggiunto: "I discepoli di Gesu' non devono mai dimenticare da dove sono stati scelti, cioe' tra la gente, e non devono mai cadere nella tentazione di assumere atteggiamenti distaccati, come se cio' che la gente pensa e vive non li riguardasse e non fosse per loro importante".
Quello allo Stadio e' stato l'ultimo incontro di questa straordinaria giornata che ha visto Francesco commuoversi in almeno due appuntamenti: nella basilica della Santissima Annunziata, dove "anche la delegazione che lo accompagna ha vissuto momenti molto toccanti, soprattutto quelli con i piccoli malati", come ha spiegato padre Ciro Benedettini, il vice direttore della Sala Stampa della Santa Sede; e poi nel prologo a Prato, dove alle 8 di questa mattina il Papa ha incontrato il mondo del lavoro e reso omaggio con voce commmossa alle 7 vittime cinesi del rogo del primo dicembre 2013. "La vita di ogni comunita' - ha gridato Bergoglio - esige che si combattano fino in fondo il cancro della corruzione, il cancro dello sfruttamento e il veleno dell'illegalita'".
"Ci stringiamo a Lei, perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unita' tanto dei vescovi quanto della moltitudine dei fedeli", gli ha detto nella Cattedrale fiorentina il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, che ha smentito qualunque riserva sul cambio di linea deciso da Francesco, aggiungendo poi: "senta di poter contare sulla nostra cordiale vicinanza e sulla obbediente e piena collaborazione. Un affetto che nei momenti di maggiore prova e' chiamato a manifestarsi in maniera ancora piu' convinta e concreta". "La ringraziamo - ha continuato - per la sua presenza tra noi come per l'autorevole parola che ci rivolge: sono segni della Sua prossimita' di Pastore. Grazie perche', anche con il suo esempio, non finisce di incoraggiarci a uno spirito piu' autentico, disinteressato e gioioso. Questi giorni di preghiera, confronto e progettualita' ci aiutino a far nostre le Sue indicazioni e a crescere nella testimonianza del Signore". "Lo chiediamo - ha concluso Bagnasco - come Popolo di Dio che cammina nell'ascolto di tutti e nell'ascolto di 'cio' che lo Spirito dice alle Chiese', come Lei ha recentemente ricordato, indicando anche i livelli di quel cammino sinodale che si realizza nelle Chiese particolari, nelle Regioni ecclesiastiche, nelle Conferenze episcopali, nella Chiesa universale".
(AGI)
"Che Dio protegga la Chiesa Italiana da ogni surrogato di potere, d'immagine, di denaro. La poverta' evangelica e' creativa, accoglie, sostiene ed e' ricca di speranza", ha invocato Bergoglio con parole molto severe, che segnano il definitivo superamento del ruinismo come modo di vivere la fede in un confronto "politico", il cui apice e' stato 10 anni fa la vittoria dell'astensione al referendum sui figli in provetta, conseguita prima che iniziasse un lento declino, mentre lo storico presidente della Cei lasciava per ragioni di eta' ad uno ad uno i suoi incarichi: nel 2007 la guida dei vescovi italiani, nel 2008 il Vicariato e solo due anni fa anche la presidenza del "Progetto culturale" che infine e' stato soppresso dal successore Angelo Bagnasco.
A favorire questa discesa c'era il segretario di Stato di Benedetto XVI, Tarcisio Bertone, la cui linea oggi e' stata pero' ugualmente bocciata da Bergoglio. Oltre al 'ruinismo', infatti, ha influenzato il cattolicesimo italiano (anche se in misura minore) il 'bertonismo' e cosi' nel suo potente intervento il Papa ha segnalato che le principali tentazioni sono due ("non spaventatevi: non 15 come alla Curia Romana", ha scherzato): oltre "allo gnosticismo che porta a confidare nel ragionamento logico e chiaro, il quale pero' perde la tenerezza della carne del fratello", c'e' infatti anche "il pelagianesimo che ci porta ad avere fiducia nelle strutture, nelle organizzazioni, nelle pianificazioni perfette perche' astratte".
"Non dobbiamo essere ossessionati dal potere, anche quando questo prende il volto di un potere utile e funzionale all'immagine sociale della Chiesa. Se la Chiesa non assume i sentimenti di Gesu', si disorienta, perde il senso", ha avvertito il Papa ammonendo ancora, a scanso di equivoci: "davanti ai mali o ai problemi della Chiesa e' inutile cercare soluzioni in conservatorismi e fondamentalismi, nella restaurazione di condotte e forme superate che neppure culturalmente hanno capacita' di essere significative".
Ma Francesco (che nel discorso in Cattedrale ha citato le figure popolari di Don Camillo e Peppone magistralmente raccontate da Giovannino Guareschi) non si e' limitato alla "pars destruens", da buon gesuita, ha spiegato come ci si debba rapportare nel "dibattito culturale": attenzione, ha avvertito, "dialogare non e' negoziare per ricavare la propria 'fetta' della torta".
"Ai vescovi chiedo di essere pastori, non di piu'", ha chiarito il Papa. E poi, dopo l'entusiasmante bagno di folla allo Stadio Franchi, nell'omelia pronunciata davanti a 50 mila fiorentini che gremivano gli spalti ed anche il campo da gioco, ha aggiunto: "I discepoli di Gesu' non devono mai dimenticare da dove sono stati scelti, cioe' tra la gente, e non devono mai cadere nella tentazione di assumere atteggiamenti distaccati, come se cio' che la gente pensa e vive non li riguardasse e non fosse per loro importante".
Quello allo Stadio e' stato l'ultimo incontro di questa straordinaria giornata che ha visto Francesco commuoversi in almeno due appuntamenti: nella basilica della Santissima Annunziata, dove "anche la delegazione che lo accompagna ha vissuto momenti molto toccanti, soprattutto quelli con i piccoli malati", come ha spiegato padre Ciro Benedettini, il vice direttore della Sala Stampa della Santa Sede; e poi nel prologo a Prato, dove alle 8 di questa mattina il Papa ha incontrato il mondo del lavoro e reso omaggio con voce commmossa alle 7 vittime cinesi del rogo del primo dicembre 2013. "La vita di ogni comunita' - ha gridato Bergoglio - esige che si combattano fino in fondo il cancro della corruzione, il cancro dello sfruttamento e il veleno dell'illegalita'".
"Ci stringiamo a Lei, perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unita' tanto dei vescovi quanto della moltitudine dei fedeli", gli ha detto nella Cattedrale fiorentina il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, che ha smentito qualunque riserva sul cambio di linea deciso da Francesco, aggiungendo poi: "senta di poter contare sulla nostra cordiale vicinanza e sulla obbediente e piena collaborazione. Un affetto che nei momenti di maggiore prova e' chiamato a manifestarsi in maniera ancora piu' convinta e concreta". "La ringraziamo - ha continuato - per la sua presenza tra noi come per l'autorevole parola che ci rivolge: sono segni della Sua prossimita' di Pastore. Grazie perche', anche con il suo esempio, non finisce di incoraggiarci a uno spirito piu' autentico, disinteressato e gioioso. Questi giorni di preghiera, confronto e progettualita' ci aiutino a far nostre le Sue indicazioni e a crescere nella testimonianza del Signore". "Lo chiediamo - ha concluso Bagnasco - come Popolo di Dio che cammina nell'ascolto di tutti e nell'ascolto di 'cio' che lo Spirito dice alle Chiese', come Lei ha recentemente ricordato, indicando anche i livelli di quel cammino sinodale che si realizza nelle Chiese particolari, nelle Regioni ecclesiastiche, nelle Conferenze episcopali, nella Chiesa universale".
(AGI)