Headlines
Loading...
Libano
Per l’Assemblea dei patriarchi e dei vescovi cattolici. Sicurezza del Libano questione internazionale 
L'Osservatore Romano
«La sicurezza regionale è diventata ormai responsabilità internazionale»: è quanto sostiene l’Assemblea dei patriarchi e dei vescovi cattolici nel Libano, la cui sessione annuale, svoltasi nei giorni scorsi a Bkerké, pur dedicata al tema della «cooperazione pastorale tra le Chiese», è stata fortemente caratterizzata dall’analisi della situazione geopolitica. In primo luogo, il commento al terribile massacro di Parigi avvenuto all’indomani dell’attentato compiuto nel quartiere sciita di Beirut, il più grave fatto di sangue verificatosi in Libano negli ultimi otto anni, che ha provocato più di quaranta morti e oltre duecento feriti. Due attentati rivendicati dai terroristi del sedicente Stato islamico, che i patriarchi e i vescovi hanno condannato senza mezzi termini.
Condannando inoltre le violenze di cui sono oggetto i cristiani e le altre minoranze in Siria e in Iraq, i presuli premono sulla comunità internazionale e le grandi potenze mondiali affinché pongano fine alla guerra e giungano a «soluzioni pacifiche» dei conflitti, nel rispetto del diritto internazionale che assicuri i diritti dei popoli e degli Stati e garantisca la loro integrità territoriale. Una chiara allusione al progetto di divisione della Siria, avversato con determinazione da tutte le Chiese orientali. In tale prospettiva i timori dei presuli si riflettono nel fatto che la sicurezza non sarebbe più alla portata degli Stati della regione. Ed è per questo che — secondo quanto si legge nel comunicato finale dei lavori dell’assise ecclesiale — si ritiene che «la sicurezza regionale è diventata ormai responsabilità internazionale».
Posizione ribadita personalmente anche dal presidente dell’assemblea, il cardinale patriarca di Antiochia dei Maroniti, Béchara Boutros Raï, il quale — come riferito dall’agenzia AsiaNews — nel corso dell’omelia domenicale ha condannato con fermezza gli attacchi terroristici che hanno colpito Beirut e Parigi, deplorando il fatto che certe nazioni sostengano «finanziariamente e moralmente» i gruppi terroristici.
Concetti espressi negli ultimi giorni anche dal presidente di Caritas Libano, il sacerdote maronita Paul Karam, per il quale «la comunità internazionale e le potenze regionali che l’hanno fomentato devono essere in grado di fermare il conflitto in Siria, se davvero desiderano impedire che tutti i Paesi dell’area vengano contagiati e destabilizzati da questa folle guerra». Infatti, ha dichiarato il sacerdote all’agenzia Fides, «le conseguenze della guerra in Siria cadono inevitabilmente su di noi». Anche perché «l’altissimo numero di profughi siriani giunti in Libano, e che noi della Caritas cerchiamo di aiutare in ogni modo, crea fatalmente problemi per la sicurezza di tutti. In una simile moltitudine di disperati, non è difficile immaginare che ci possa essere anche qualcuno di quelli che hanno subito il lavaggio del cervello e sono pronti a farsi esplodere in attentati suicidi, provocando vittime innocenti. E in questa situazione così tragica — aggiunge padre Karam — la paralisi istituzionale attraversata dal Libano rende il Paese ancora più fragile».
Sul versante interno, l’Assemblea dei patriarchi e dei vescovi cattolici nel Libano ha mostrato soddisfazione per lo svolgimento della sessione legislativa del Parlamento, tenutasi il 12 e il 13 novembre, che ha sottolineato l’impossibilità di «legiferare durante la vacanza della carica presidenziale». In tal senso, la relazione finale dei lavori insiste sulla necessità di eleggere un nuovo presidente della Repubblica quale «preambolo necessario del processo che porta al bene comune». In Libano, come si ricorderà, a causa delle rivalità che oppongono i diversi gruppi politici e parlamentari, la più alta carica dello Stato è vacante dal maggio 2014, con la conseguente progressiva paralisi dell’attività legislativa.
L'Osservatore Romano, 19 novembre 2015.