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Myanmar
Il cardinale Bo in vista delle elezioni. Appuntamento storico per il Myanmar
L'Osservatore Romano
«Auspichiamo che queste elezioni siano un processo trasparente, per garantire un voto libero ed equo anche ai poveri e agli emarginati». È l’appello lanciato dal cardinale arcivescovo di Yangon, Charles Maung Bo, a poche ore dalle elezioni generali di domenica 8 novembre. Si tratta, come ricorda in un messaggio lo stesso porporato, delle «prime elezioni libere: 93 partiti, 5.800 candidati dei partiti, 3.000 candidati indipendenti. La ricerca per la democrazia è vitale in Myanmar oggi».
Il cardinale riconosce che «evitare la violenza è una sfida difficile e sono contento che nostre leggi e le autorità siano all’altezza della sfida». Definendo «encomiabile» il coraggio alla Commissione elettorale che «affronterà il lavoro con neutralità professionale», Bo ricorda che «la gente vuole elezioni pacifiche» e che «il diritto al voto è sacro». Infatti, «attraverso questo diritto, le persone determinano il loro futuro. Andare nella cabina elettorale è un pellegrinaggio di speranza. Tutti noi intraprendiamo questo pellegrinaggio. Il nostro destino è nelle urne. La democrazia, per il popolo, dal popolo e del popolo, ha forgiato la storia delle grandi nazioni. Il Myanmar aspettava questo momento da secoli». E, «oggi è il nostro appuntamento con quel destino». In questo senso, il messaggio sottolinea come l’appuntamento elettorale rappresenti e debba rappresentare un momento di unità. «Insieme ci ritroviamo o insieme cadiamo. Le urne determineranno il nostro futuro. Dio ha benedetto questa nazione con immensi tesori, ma il tesoro che vale più di qualsiasi altro è la fratellanza umana, una nazione arcobaleno di 135 tribù e con le principali religioni. Abbiamo bisogno di pace oggi». Di qui l’auspicio anche che il voto «porti pace e prosperità per questa nazione» e che il Myanmar «ritrovi il suo storico splendore».
Un appello per una più ampia tolleranza nei riguardi delle minoranze e il pieno rispetto dei diritti civili nel dopo elezioni è stato lanciato dal Christian Solidarity Worldwide (Csw), organizzazione che da quasi trent’anni si batte per il rispetto della libertà religiosa. Secondo una nota di Csw, ripresa dall’agenzia Fides, «esistono preoccupazioni che i risultati delle elezioni serviranno per evidenziare crescenti divisioni etniche e religiose, e che un nuovo governo democratico sarà fermato quando si tratterà di porre fine a violazioni dei diritti umani a lungo termine». Infatti, viene rilevato, «si stima che il 20 per cento della popolazione sia stata deliberatamente privata dei diritti civili», dato che a molte minoranze etniche, come ai musulmani Rohingya, è stato completamente negato il diritto di voto. Il comunicato ricorda anche che il relatore speciale delle Nazioni Unite in Myanmar, Yanghee Lee, ha espresso preoccupazione per l’influenza dei movimenti religiosi nazionalisti ed estremisti nel processo politico e per l’incitamento all’odio nei confronti delle minoranze.
L'Osservatore Romano, 8 novembre 2015