Vaticano
Paul Poupard. Il cardinale francese:"Sbagliato parlare di guerra di religione sono fanatici e noi siamo impotenti"
La Repubblica
Paul Poupard. Il cardinale francese:"Sbagliato parlare di guerra di religione sono fanatici e noi siamo impotenti"
La Repubblica
(Orazio La Rocca) I terroristi usano la fede in modo distorto, inneggiano ad Allah ma in realtà si appellano a un falso Dio
Cardinale Poupard, dietro agli attentati di Parigi c' è davvero una guerra di religione?
«No, per carità. È sbagliato parlare di guerre di religione nella tragedia di Parigi, come in altre tragedie simili. Sono massacri senza senso, contro gente inerme, per mano di chi usa la religione in maniera distorta. Sono atti mostruosi per i quali parlare di guerre di religione è fuorviante e pericoloso. Come ricorda il Papa: chi uccide in nome di Dio bestemmia, dice il falso ed agisce in nome di una falsa religione». Paul Poupard, presidente emerito del Pontificio Consiglio per la cultura, è uno dei tre cardinali francesi della Curia pontificia. Gli altri due sono Jean-Louis Tauran e Roger Etchegaray. A tre giorni dagli attentati è ancora sotto choc, ma di una cosa si dice certo: «Gli aggressori non hanno agito per motivi di religione. Qui la fede non c'entra nulla, siamo di fronte ad una sorta di terza guerra mondiale: lo ha detto più volte il Papa, ma nessuno lo ha ascoltato seriamente».
Eppure, cardinale, mentre venerdì sera sparavano nei locali parigini i terroristi urlavano «Allah è grande!». Difficile non pensare ad uno scontro di civiltà e di religione.
«È sbagliato parlare di religione. Quella è falsa religione, che con l' islam non ha nulla a che vedere. E chi inneggiava ad Allah mentre ammazzava gente inerme, inneggiava ad un falso Dio. Ha fatto bene Papa Francesco domenica scorsa a ricordare, nell' incontro con la comunità luterana di Roma, quanto in più occasioni ha detto anche Giovanni Paolo II, e cioè che uccidere in nome di Dio è una mostruosità, un peccato ingiustificabile».
Ma allora, chi può esserci dietro a quei killer che comunque si proclamavano seguaci di un islam estremo e radicale?
«Se non sbaglio, parliamo di persone non arrivate da paesi arabi, ma di nativi francesi, nostri connazionali che hanno abbracciato una causa perversa e inumana. È lo stesso scenario che si è verificato in Gran Bretagna, anche lì gli attentatori erano nativi inglesi».
Bisogna quindi avere paura dei figli di seconde e terze generazioni nati nelle comunità di immigrati che si trovano in quasi tutti i Paesi europei, a partire dalla Francia?
«Generalizzare è sempre sbagliato. La gran parte degli immigrati è perfettamente integrata in Francia, come in Italia e come in tutti gli altri paesi a forte presenza di comunità straniere. Ma occorre interrogarci su cosa viene messo in testa a quei giovani figli e nipoti di immigrati che non riescono ad integrarsi, che non trovano lavoro e che diventano facile preda di falsi predicatori e di chi fomenta odio e morte nel nome di un falso Dio. Dobbiamo cercare di capire cosa può causare nella mente di questi giovani, che in genere sono fragili e malleabili, tanto odio e tanta voglia di dare la morte ad innocenti, e che vivono nel loro stesso Paese».
Come ci si può difendere da questi pericoli? La Francia ha risposto agli eccidi di Parigi bombardando i centri dell' Is in Siria.
«Da uomo di Chiesa dico, come insegna la dottrina e il Santo Padre, che al male della guerra si risponde pregando il Dio della pace. Per il resto, di fronte ad atti che rappresentano la negazione dell' umanità, mi sento impotente ed incapace di dare risposte. Provo lo stesso sentimento di smarrimento espresso una decina d'anni fa dal compianto cardinale Carlo Maria Martini che, ad una domanda su come difenderci dai pericoli di attentati di estremisti islamici, rispose con disarmante umana sincerità: "Noi che facciamo tante prediche e innumerevoli sermoni per questi tragici eventi non abbiamo risposte adeguate, siamo come impotenti". Oggi mi sento come il cardinale Martini».
Subito dopo l'attentato, alcune voci hanno chiesto di rinviare il Giubileo. Il presidente del comitato organizzatore, l' arcivescovo Rino Fisichella, ha escluso che possa essere rinviato. È d' accordo?
«Non ho elementi diretti per dare un giudizio in merito. Ma se chi ha competenze sulla materia giubilare ha deciso che nulla cambi, lo avrà certamente fatto a ragion veduta e in piena coscienza. Per il resto preghiamo il Dio della Misericordia».